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Gita agli Spinaroni indietro

GITA ALL'ISOLA DEGLI SPINARONI                                         testo tratto dal diario di bordo di Carla Contessi

23 giugno 2014
In un bel pomeriggio di inizio estate, ci imbarchiamo su un comodo battello coperto.

 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
La brezza ci rinfresca piacevolmente. Subito ci troviamo immersi in un mondo diverso: acque calme e tranquille e piccoli cordoli ricoperti di salicornia. L’unica presenza umana è data dai padelloni, dai paletti che segnalano la presenza di archetti e dalle ciminiere delle fabbriche.

 
 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Il Signor Arturo, la nostra guida, ci spiega che la Baiona è la pialassa a nord del Candiano e ha tuttora la funzione di mantenere pulito il canale con il movimento delle maree.
Fino agli anni 60 era costituita da acqua abbastanza dolce, perché vi si riversava il Lamone ed era quindi coperta di cannella. Poi con l’inalveamento fino al mare del fiume che, con le sue torbide, l’avrebbe colmata, le acque sono diventate salate, la canna non nasce più e quindi la pialassa è scoperta.
Ci dirigiamo verso la pineta di San Vitale che si profila nera all’orizzonte e osserviamo molti uccelli acquatici: vari tipi di gabbiani fra i quali il reale, con la tipica macchia rossa sul becco, alcuni in compagnia dei loro “pulcioni” grigi, grandi come i genitori che chiedono, cibo come petulanti “bamboccioni”. Vediamo inoltre beccacce di mare dal lungo becco rosso, candide garzette con becco nero e piedi gialli, eleganti Cavalieri d’Italia con le lunghe zampette rosse, neri cormorani e marangoni che si asciugano al sole. 

 
 
 
 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Facciamo tappa a un isolotto da dove vediamo una numerosa colonia di cigni e dove alcuni cacciatori tengono i loro richiami vivi per la caccia in tinella.

 
 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Proseguiamo verso l’isola degli Spinaroni, dove nel ‘43 si rifugiarono circa 160 partigiani, aiutati dalle popolazioni circostanti. A quell’epoca l’isola era ricoperta da olivelli spinosi e praticamente invisibile, in mezzo alla canna. I partigiani vivevano in delle trincee scavate nel terreno e ricoperte di teloni di gomma, quindi in condizioni molto disagiate, seguendo una ferrea disciplina. Da qualche anno l’isolotto è stato rialzato, perché veniva sempre allagato e vi è stato costruito un bel capanno di legno ricoperto di canna che può contenere anche due scolaresche che vengono in visita numerose. Purtroppo sull’isola ci sono soltanto olivelli e tamerici, non ci sono più gli olivelli spinosi(gli spinaroni). E’ stato fatto un tentativo per ripiantarli, ma sembra non sia ben riuscito. Sull’ isolotto c’è una piccola batana con gli alti scalmi che si usava con la voga in piedi nell’acqua un po’ più alta e col paradello in quella meno profonda. Ci sono alcuni archetti e cugolli per la cattura delle anguille. La guida ci fa ascoltare i richiami che usavano i cacciatori per imitare il verso degli uccelli. C’è anche una batana un po’ più grande, simile a quella che Bulow usò per andare a Cervia a incontrare gli Inglesi e accordarsi sulla liberazione di Ravenna.

 
 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Una buona merenda è molto gradita dai partecipanti.

 
 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Durante il ritorno abbiamo due belle sorprese : tre stormi di fenicotteri rosa arrivano, nella caratteristica formazione a V e si posano su un chiaro, e un gruppetto di cavalieri d’Italia circonda e riesce a cacciare un falco che evidentemente si era avvicinato troppo al nido.

 
 
 
 
 
 
 

 

 

 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Sta per arrivare il tramonto e dobbiamo a malincuore tornare alla “civiltà”, con gli occhi e il cuore pieni di nostalgia, per questo mondo affascinante così vicino e pure così lontano.
 

 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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